Environmental regulation and the pressure towards a sustainable reallocation of international trade flows

Acronimo
Anno di inizio

2023 In corso

Responsabile scientifico

Falavigna Greta

Capofila

Università di Torino (Principal Investigator)

Committente

MUR (PRIN: Progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale – Bando 2022)

Abstract

La crescente attenzione ai cambiamenti climatici porta la sostenibilità in cima all’agenda dei governi e delle istituzioni internazionali.

Gran parte delle più recenti politiche pubbliche regolano l’uso di sostanze inquinanti, la produzione di rifiuti pericolosi, le emissioni, la deforestazione e la protezione degli stock animali. Il Green New Deal dell’Unione Europea e il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono buoni esempi di come l’UE e i governi nazionali cerchino di spingere le aziende ad aumentare la sostenibilità del processo produttivo.

Tuttavia, queste sono solo le misure più recenti di un processo che ha l’obiettivo di stimolare la cosiddetta transizione verde a lungo termine. Difatti, uno degli ostacoli alla transizione verde è il presunto compromesso tra crescita e rinverdimento dell’economia (Brandi et al., 2020). In effetti, le disposizioni ambientali impongono costi di conformità alle imprese nazionali, causando una ristrutturazione delle strategie di approvvigionamento e delle tecnologie delle imprese. Se tali costi di riorganizzazione della produzione diventano troppo elevati, rischiano compensare parte dei benefici. Inoltre, asimmetrie nel rigore delle politiche ambientali tra i vari Paesi possono spingere le imprese a delocalizzare la produzione verso Paesi o regioni con normative meno severe (i.e., “pollution haven hypothesis”).

Un punto di vista più ottimistico è presentato da Porter e van der Linde (1995) che sostengono che politiche ambientali più severe possono stimolare miglioramenti dell’efficienza e innovazioni in tecnologie più ecologiche che portano le imprese nazionali ad aumentare la loro competitività, stimolando una produzione “più ecologica”.

Pertanto, progetto contribuisce al vivace dibattito che contrappone la localizzazione in paesi con restrizioni inferiori dal punto di vista ambientale (Pollution Haven Hypothesis, PHH) con l’ipotesi di Porter (PH).

A questo proposito, sfrutteremo dati dettagliati a livello di impresa su importazioni, esportazioni e investimenti diretti esteri (campione italiano) e il contesto quasi sperimentale introdotto da un importante cambiamento di politica di protezione ambientale, ovvero il regolamento REACH, una delle normative più rilevanti e impattanti per la produzione nell’UE.

Con un approccio di tipo Difference-in-Difference intendiamo sfruttare lo shock introdotto dal regolamento REACH sulle importazioni/esportazioni delle imprese italiane per studiare come questo abbia influenzato i loro costi, la tecnologia di produzione, le decisioni di delocalizzazione e la sostenibilità dei loro flussi commerciali internazionali.

Obiettivi:

  1. Comprendere l’esposizione diretta e indiretta delle industrie alla complessa regolamentazione ambientale nel contesto dell’UE, con particolare riferimento al regolamento REACH.
  2. Creare un database nuovo, originale e di libero accesso per caratterizzare la sostenibilità dei flussi di import/export della popolazione di imprese manifatturiere italiane coinvolte nel commercio internazionale.
  3. Stimare l’impatto del regolamento sulla composizione e sulla sostenibilità delle importazioni e delle esportazioni a livello di impresa.
  4. Capire come gli investimenti diretti esteri in uscita delle imprese italiane reagiscono ai cambiamenti normativi in materia di tutela ambientale e se è più probabile che si rivolgano ai paradisi dell’inquinamento.
  5. Capire come la competitività delle imprese italiane sia influenzata dai cambiamenti normativi.
  6. Identificare l’effetto di mediazione del contesto istituzionale nel determinare la reazione delle imprese allo shock (ad esempio, le differenze nell’applicazione della normativa a livello regionale/provinciale, qualità istituzionale, corruzione, consapevolezza dei governatori in materia di tutela dell’ambiente e della salute).
  7. Individuare l’influenza delle caratteristiche dell’impresa (produttività e redditività ex-ante; partecipazione femminile ai vertici aziendali) nel modellare la ricomposizione dei flussi internazionali.

Risultati attesi: Come risultato immediato, ci aspettiamo che il progetto produca una valutazione d’impatto della politica ambientale in sé. Più in generale, ci aspettiamo di far luce sulle potenziali minacce e opportunità delle politiche ambientali per le imprese italiane, nonché sui fattori interni ed esterni che influenzano la loro reazione alle politiche ambientali.

La divulgazione dei risultati avverrà principalmente attraverso conferenze e articoli accademici,

Riferimenti bibliografici principali:

Brandi C, Schwab J, Berger A, Morin J F (2020). Do environmental provision in trade agreements make exports from developing countries greener?, WORLD DEV., 129, 104899.

Porter ME, Van der Linde C (1995) Toward a new conception of the environment competitiveness relationship. J. ECON PERSP., 9(4),97-118